Le parabole aiutano a scoprire le idee!

Le parabole aiutano a scoprire le idee!

Alla gente Gesù “parlava solo in parabole” (Mc 4,11). “Niente diceva che non fosse in forma di parabola” (Mc 4, 34).

E lo faceva per “annunciare la parola, secondo la capacità di intendere di coloro che lo ascoltavano” (Mc 4,33).

Ma la “gente” non sempre capiva le cose. Neppure gli stessi apostoli arrivavano a capire le parabole e chiedevano spiegazioni (Mc 4, 10 e Mt 13,36). Gesù si meravigliava di tanta incomprensione (Mc 4,13), ma non dava spiegazioni che gli venivano chieste. “In privato, Gesù spiegava tutto ai suoi discepoli” (Mc 4,34). Di queste spiegazioni private, solo due sono state conservate (Mc 4,13-20 e Mt 13,36-42).

Noi potremmo chiederci: ma, se neppure gli apostoli capivano l’insegnamento attraverso le parabole, com’era possibile che lo capisse il popolo? Le spiegazioni non erano per il popolo, ma solo per gli apostoli. Il popolo continuava a picchiarsi la testa di domande, in cerca di una risposta capace di spiegare tutto.

Noi, oggi, ci troviamo nella stessa condizione di quella gente. Le non risposte di Gesù costituiscono una sfida alla nostra voglia di sapere. Gli evangelisti, per fortuna, hanno conservato le parabole, anche senza spiegazioni. Perché? Forse perché avevano capito che era molto più importante preoccuparsi della domanda che della risposta. E noi diciamo, riflettendoci bene, che nelle differenti situazioni della vita noi umani di ogni epoca possiamo capire che le spiegazioni sono diverse.

 

Attenzione, però!

Il metodo delle parabole di Gesù senza spiegazioni spinge a darsi da fare per scoprire le risposte.

Infatti, fino ad oggi continuiamo ancora a cercare e a indagare.

La capacità di scoprire e di vivere il Regno di Dio si acquista solo attraverso la vita e la scoperta sempre più profonda della vita stessa e delle cose della vita che le parabole ci indicano, fino a scoprire la risposta comune. Ed è proprio questo lo scopo delle parabole.

Si potrebbe però obiettare: “Dove mai si è visto mettere solo domande nella testa degli altri senza dare nessuna risposta! “.

Anche gli Apostoli si erano già meravigliati del metodo con cui Gesù insegnava, e perciò si erano chiesti: “Perché mai il Signore parla al popolo solo in parabole?” (Mt 13,10).

La risposta che Gesù diede agli Apostoli è ancora più strana: “A voi è rivelato il mistero del Regno, mentre agli altri tutto è detto sotto forma di parabola, affinché guardando non vedano e ascoltando non sentano, e non si convertano, e i peccati non siano loro perdonati (Mc 4,11-12; cfr. Mt 13,11-15).

Insomma, allora perché Gesù usava le parabole? Come capire le parole di Gesù, che sembravano chiudere la porta in faccia a tutti coloro che volevano capire qualcosa?

Sembra che Egli sia arrabbiato con la gente e non voglia che il popolo si converta.

 

Spieghiamoci con un esempio

Un bambino, che frequentava la scuola rurale, non aveva mai conosciuto suo padre. Non sapeva che cosa fosse un padre. Ascoltando e vivendo, arrivò a farsi un’idea del padre e lo pensò una persona molto cattiva, violenta e litigiosa, che sapeva solo castigare e rimproverare, senza mai essere capace di dire neppure una parola di tenerezza. Un giorno, a scuola, sentì la maestra che diceva: “Il babbo è per il figlio come la nave, che fa risalire al pellegrino la corrente del fiume, come una barca sicura che lo protegge.” Il bambino capì che la maestra voleva insegnargli qualcosa di molto bello sulla funzione del padre nella vita del figlio. Ma lui, a causa dell’idea di padre che aveva in testa, non era assolutamente capace di capire quello che la maestra gli voleva insegnare, attraverso quell’esempio.

L’errore, evidentemente, non stava nell’esempio usato dalla maestra. L’esempio usato era buono e adatto “alla capacità di intendere degli alunni”. Lo sbaglio stava nella testa del ragazzo. Là dentro c’era una barriera che non permetteva all’insegnamento di farsi strada. Ovvero, lo sbaglio stava nell’idea sbagliata che il ragazzo portava dentro di sé riguardo al padre. Nella sua idea non c’era posto per quello che la maestra voleva insegnargli su babbo. (Carlos Mesters – Incontri biblici – ed. Cittadella 1977 Assisi)

 

Applicazione dell’esempio

Quale idea di Dio? Del suo Regno?

Al tempo di Gesù il popolo viveva una certa determinata idea sul Regno di Dio che si era andata formando nel corso dei secoli. Ma quell’idea non era giusta; era come l’idea del padre, che il ragazzino si era messo in testa.

Per Gesù, il Regno di Dio era molto diverso. L’errore non stava negli esempi portati da Gesù, ma nella testa della gente, dove si alzava una barriera che non lasciava penetrare l’insegnamento.

A quella gente, come al ragazzo dell’esempio, sarebbe stato inutile dire: “Voi vi sbagliate”; perché l’idea cambia soltanto se parte dall’esperienza. Ecco perché Gesù non si limitava a dare un esempio. Egli offriva anche l’opportunità di trovare e fare esperienza del Regno di Dio in modo del tutto differente. Egli stesso, Gesù, era il Regno di Dio, presente in mezzo al suo popolo, con il suo modo di essere, di vivere, di agire, con la sua bontà e giustizia. Gesù rivelava il Padre e mostrava che cosa succede quando la creatura umana lascia che Dio invada la sua vita.

 

Ora, è Gesù… quel Regno!

Gesù era come il fermento, come il chicco di senape, viveva come gli uccelli e i fiori, si comportava come il commerciante in cerca del tesoro. Meglio, era Lui il tesoro di cui parlava, era Lui la perla per la quale il commerciante vendette tutto.

A partire da Gesù, le parabole si illuminavano e rivelavano il loro vero significato, in tutta la sua completezza. Per questo solo agli Apostoli era concesso conoscere il “mistero del Regno”, perché essi si aprivano, a poco a poco, a Gesù. Rettificavano le idee sbagliate che avevano nella testa, per fare posto all’immagine nuova del Regno che nasceva dal contatto con Gesù.

Il popolo, anche allora, restava a metà strada. Ma allora, come ancora oggi, il contatto con Gesù poteva, può spezzare lo scrigno delle cose sbagliate e aprire il varco a un nuovo modo di vedere e ascoltare, di convertirsi e di chiedere perdono. Questo ragionamento è, dovrebbe, sempre, essere vivo anche oggi.

 

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