Partiamo da domande semplici per arrivare a quelle delle parabole e, così, diventare bravi a darci risposte vere e forti!
- A cosa mi serve se ho la benzina, ma non so dove sta la bocca del serbatoio?
- A nulla serve una bella piantina, anche se preziosissima, se non ho una piccola zolla di terra su cui piantarla!
- È inutile voler attaccare il giubbotto a un chiodo o a un attaccapanni che non c’è!
Così pure, non serve a niente discutere belle idee e presentarle con parole e discorsi dotti, se non so come applicarle nella vita.
L’attaccapanni, l’apertura del serbatoio, il terreno per la pianta…simboleggiano la vita che viviamo con tutto ciò che essa possiede, migliaia di cose grandi e piccole, tutto ciò che fa piangere e ridere. Sono queste le cose che Gesù indica e presenta nelle sue parabole.
Ma ci vuole l’attaccapanni…
Le parabole di Gesù si propongono di aiutare noi, povera umanità, a scoprire l’attaccapanni, la bocca del serbatoio, la terra per la piantina.
Ci lamentiamo che le riforme proposte dal Concilio Vaticano II vanno troppo a rilento per tantissimi motivi, ma, soprattutto perché ci preoccupiamo poco o niente, in pochi o in molti di trovare l’attaccapanni, la bocca del serbatoio, la terra per la piantina.
Diamo la colpa alla massa e alla sua ignoranza. Sono tutte scuse. Se il popolo è ignorante – come di fatto lo è, e molto, troppo – la colpa è in gran parte nostra: clero, cristiani, educatori, insegnanti…perché non abbiamo ancora provato a cercare e dare e darci risposte alle domande arcaiche (?!)…ignoranza che ci porta a darci risposte comode, opportuniste, soggettive…costruendosi, così, una vita senza valori…e insegnando, anche con cattivo esempio, un modo di vivere vuoto e senza “senso”.
Può darsi anche che la nostra vita è intossicata da ignoranza, da preconcetti, nei confronti di Gesù, soprattutto per i motivi elencati prima (cfr. Mt 23,13).
Dalla vita al Vangelo dal Vangelo alla vita
Dalla vita al Vangelo: le cose della vita, quelle continuano a esistere, per cui le parabole possono ottenere oggi, nella vita di ognuno e comunitaria, il risultato che Gesù si proponeva quando le ha raccontate, per la prima volta, alla gente della sua terra.
In che modo dobbiamo leggere e capire le parabole?
Se è vero, come abbiamo detto prima, che le cose-esempi da cui partono le similitudini di Gesù esistono e succedono anche oggi, dobbiamo pensare che anche Gesù è ancora vicino a noi e, allora dobbiamo pensarlo vicino a noi e ci ripete: “La vedi quella casa, quella campagna, quell’operaio, quel fiore, quella macchina, quella fabbrica, quel negozio, quel passero? Dunque il Regno di Dio ha qualcosa in comune con tutto ciò!”. È come se, detto questo, Gesù rimanesse a guardare insieme a noi, incoraggiandoci a guardare e a riflettere, fino a scoprire dentro quelle cose ciò che lui stesso ha scoperto e gli ha fatto dire: “Il Regno di Dio è come quella cosa là”.
Tuttavia tocca a ognuno di noi guardare le cose della vita non come semplice spettatore, ma riflettendo e scoprendoci dentro verità che da soli non potevamo scoprire. Le cose in sé, viste in modo distratto e superficiale, non dicono nulla, ma l’attenzione di Gesù, in forma di parabole, non può non farci pensare.
Che cosa ci possono rivelare… le cose?
Gesù con le parabole ci insegna il metodo per vedere altro, oltre le apparenze sensibili; tutto dipende dal saper mantenere vivo, in noi umani, il legame tra la Parola di Dio (da conoscere…!) e la vita.
Si pone un problema: da dove partire per questa operazione? Dalla Parola o dalla vita?
Dalla mia particolare, non grandiosa, ma sufficiente esperienza suggerisco: da tutt’e due, con una conoscenza illuminata abbastanza da una coscienza e da una fede vera, pratica e libera dai pregiudizi.
Il punto di appoggio, di orientamento e di luce, tuttavia, rimane la Parola di Dio.
Si racconta
Un giorno Sant’Alfonso predicava, commovendo tutti. Un peccatore indurito nel male ne rimase scosso, e si recò a confessarsi.
Richiesto che cosa avesse capito della predica, rispose che non aveva sentita neanche una parola. Data la folla enorme, aveva dovuto restare fuori, ove la voce del predicatore non arrivava; ma gli era bastato veder da lontano il Santo, per convertirsi.
Qui, evidentemente, era entrata in gioco una grazia speciale del Signore. Il Signore elargisce spesso grazie speciali a chi assiste alle prediche, perché è norma generale della Divina Provvidenza, che la salvezza dell’uomo incominci con l’ascoltare la Parola di Dio.
Il Vangelo dice che “la Parola di Dio scese sopra Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto”; e questi si diede alla predicazione, annunciando la venuta del Messia.
Gesù, per tre anni, sparse abbondantemente la Parola di Dio, raffigurando, varie specie di anime, nella varietà di terreno che riceve il divin Seme. Noi siamo soliti leggere i suoi insegnamenti nel libro dei Vangeli, messi per iscritto, non da sé, ma dai suoi discepoli, che veneriamo come autori sacri, ispirati da Dio; ma Gesù, personalmente, preferì non far mai uso che della conversazione diretta. Tanta era l’importanza che il Figlio di Dio annetteva alla Parola!
Si pensi pure ai tremila fedeli convertiti da San Pietro nel giorno della Pentecoste. Ognuno di essi l’intese, come se l’Apostolo parlasse nella propria lingua. Fu quello il giorno natalizio della Chiesa. Essa cominciava con un miracolo: il miracolo della Parola di Dio… (Don Ernesto Moneta Caglio)