Quando l’Oratorio è risposta all’emergenza educativa

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Quando l’oratorio è risposta all’emergenza educativa

Ho raccolto, l’altro giorno, le confidenze di una mamma affranta dal dolore; non mi poteva nascondere un po’ di rabbia e tanta delusione per quello che non si fa per i ragazzi nella sua Parrocchia del suo piccolo paese.
“Non sarei arrivata a sperimentare le prove più amare e a versare le lacrime più cocenti per mio figlio. Dopo la cresima nessuna iniziativa per accoglierlo e farlo socializzare e crescere nel modo più sano. Abbandonato a se stesso, così, ha cominciato con la comitiva dei coetanei. Poi si sono intrufolati personaggi più grandi e loschi. Dallo spinello, il gruppetto, divenuto una costellazione di ammazza tempo, è passato al buco, allo spaccio. Mi sono vista perquisire la casa con la parata di militari e carabinieri con il mitra spianato. Ora siamo all’epilogo: un matrimonio immaturo, forzato perché la ragazza di mio figlio è rimasta incinta…”.

II racconto della povera mamma continua drammatico. Ma non è il solo “ragazzo” nel paese, a fare questo tipo di esperienza. “Se qualcuno si fosse interessato… mio figlio non sarebbe a questo punto”. È un grido che dovrebbe arrivare alle orecchie, al cuore e alla buona volontà di qualche prete (non dico “Parroco”, perché troppo impegnato in mille cose da organizzare, pratiche burocratiche da sbrigare, feste popolari da programmare, raccolte per restauri che lo preoccupano, catechismo e sacramenti da amministrare…), di qualche laico credente sensibile e altruista. Vorrei che il grido e il pianto di quella mamma (che non è unico: ne ho collezionato una lunga litania) lo udissero gli educatori delle agenzie educative ufficiali: professori, maestri, catechisti, responsabili di gruppi- chiusi e di movimenti intimistici ed entusiasmoidi. Vorrei che lo udissero tante altre mamme e papà. Dalla famiglia si deve partire. Bisogna educare la famiglia.

Ma per educare la famiglia, meglio, per avere una famiglia abilitata ad educare domani, bisogna abilitare i giovani oggi. Bisogna pensare alla famiglia di domani per non ritrovarsi una generazione di ragazzi-giovani più vuota, più sfasata della presente. Per aiutare la futura generazione è urgente fare qualcosa per la presente. Voglio fare mio il grido di quella mamma: aprite luoghi associativi sani per i ragazzi. Chiamateli Oratori, Centri Giovanili, movimenti… ma fate qualcosa. Aprite Oratori. Preparate delle persone che si dedichino ai ragazzi. Ma non lasciateli soli, questi ragazzi. Non pensate a loro solo quando è ormai troppo tardi! Non servitevi delle loro disgrazie per farvi un nome, per atteggiarvi ad eroi e benefattori creando comunità terapeutiche o comunità di accoglienza. Pensateci prima. Aprite luoghi educativi per loro!

Il mio primo appello è per gli operatori pastorali. Maggiore attenzione alla famiglia. La famiglia non è la coppia solamente. Anche se è importantissimo che la coppia si prepari bene alla vita in due, è molto importante che la coppia si prepari permanentemente ad educare. È urgente preoccuparsi della famiglia, per prevenire le devianze dei ragazzi. Oggi, spesso, papà e mamma sono più procreatori (ma spessissimo il Creatore non è affatto punto di riferimento!) che educatori. Sempre più spesso, con drammatiche conseguenze, papà e mamma sono sempre meno presenti nella vita dei figli. La mamma sembra essere la delegata per l’educazione dei figli. II papà, anzi l’uomo padre, professionista, operaio, politico, industriale, turista, non può più dedicare molte ore alla famiglia. Ma capita che anche la donna è una lavoratrice. I figli vengono “scaricati” alla cura degli altri. Alle volte non è il bisogno finanziario ad allontanare la donna-madre dalla famiglia, ma il bisogno di autonomia, di carriera, di non sentirsi una colf. Intanto ai figli incomincia a scarseggiare anche l’affetto materno. Diventano nervosi, oziosi, abulici, immorali, amorali (“faccio ciò che voglio e mi piace” è la motivazione, anzi la mentalità corrente), passivi… ribelli, con disastrose conseguenze.

Un tempo, attorno alla tavola, puntualmente tutti uniti e in dialogo, si viveva un clima di intimità, di serenità, di calore. Oggi sono rare le famiglie unite e dialoganti. Succede! Quando si accende la tivù si spegne il dialogo. D’altronde che si può comunicare di buono se la vita individuale dei genitori è fondata su valori di sabbia? Quando i valori (o pseudovalori) si chiamano: interessi, denaro, carriera, consumo, divertimento, menefreghismo?

Quando i valori che si respirano in famiglia non sono I VALORI: religiosità, lealtà, onestà, generosità, fortezza, ottimismo, rispetto, pudore, sincerità, ordine, responsabilità, sobrietà, perseveranza? Cosa ci si può aspettare dai figli e, prima di tutto, dai genitori? C’è da meravigliarsi, poi, che i figli crescano deviati? È una previsione scontata, anche se esistono le eccezioni. I genitori sono fatti per i figli e non il contrario. II progresso non può giustificare che i genitori si dedichino poco alla cura dei propri figli. II loro compito primario di educatori non è automatico e scontato; non può essere delegato alla scuola o ad altre agenzie. Semmai, tra scuola e genitori, tra oratorio e genitori… deve esserci collaborazione, mai prevaricazione o sostituzione. Se non ci sarà “amore familiare”, vivremo nel progresso tecnologico, ma non nel vero progresso dell’uomo.

Sac. Salvatore Mercorillo

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